Soprannominata Google 2.0, l’iniziativa è fortemente voluta da Larry Page per rimediare all’inefficienza delle strutture attuali
A Larry Page non basta aver dichiarato guerra alla morte e all’invecchiamento, lanciando un centro di ricerca da un miliardo e mezzo di dollari per trovare una cura al cancro. O essere prossimo a rivoluzionare il mercato dell’auto, grazie ai veicoli senza pilota che dovrebbero entrare sul mercato, se tutto va bene, entro un paio d’anni – ma forse di più. Le ambizioni del CEO e fondatore di Google vanno ben oltre: come racconta un’inchiesta del sito The Information, il vulcanico Page vuole che l’azienda si dedichi in futuro a costruire città ed aeroporti modello, rimediando all’inefficienza di quelli attuali. Questa nuova iniziativa della società oggi forse più potente del mondo, è stata soprannominata internamente – stando a quanto riporta il giornalista Amir Efrati – Google 2.0.
Per promuoverla, è prevista l’apertura di un nuovo laboratorio “segreto”: accanto al vecchio Google X – responsabile dei progetti più audaci di Moutain View – sorgerà il gemello Google Y. Il gruppo di lavoro di Google 2.0 sarà composto da una dozzina di vicepresidenti anziani e un centinaio di impiegati di livello inferiore. La decisione di creare un team ad hoc sarebbe stata presa, racconta The Information, per ovviare al problema di “gigantismo” del colosso di Internet: un eccessivo spiegamento di forze che avrebbe allontanato troppo l’azienda dalla sua missione originaria. Che, come tuti o quasi sanno, dovrebbe consistere nel“catalogare e rendere accessibile tutta la conoscenza del mondo”.Definizione che, alla luce delle nuove ambizioni, andrebbe forse aggiornata.
Quello che Google appare sempre più intenzionata a fare, più di che rendere organizzato e consultabile il materiale esistente, sembra essere infatti plasmare il mondo a propria immagine e somiglianza, grazie sia all’immensa quantità di capitali che arriva al motore di ricerca dall’advertising (qualcosa come 130mila dollari al minuto) sia alla propria capacità di interpretare dati, abitudini di comportamento e schemi relazionali – si pensi a progetti come Google Flu o Zeitgeist. Al contempo, la Grande G appare orientata a passare sempre più dal virtuale al reale, dal software all’hardware; non solo, in futuro, con città ed aeroporti, ma già ora con droni, palloni aerostatici e chissà cos’altro ancora.
Una transizione che rappresenta quasi un unicum fra i giganti della Rete, più concentrati solitamente sul core business digitale; eccezion fatta, forse, per Jeff Bezos, che con una serie di iniziative sta ampliando la propria attività oltre l’impero di Amazon, dalloSpazio ai giornali. Se Google in questo è in vantaggio su tutti, rischia di rimanere dietro ai concorrenti in altri settori, forse meno vistosi ma altrettanto importanti. Fra i progetti a cui Google Y dovrebbe dedicarsi, ci sono anche infatti faccenduole come la geolocalizzazione ultraprecisa, con una margine di errore di pochi centimetri e la creazione di sistemi di autenticazione biometrica alternativa alle password. Ambiti in cui l’arci-rivale Apple, con prodotti come Beacon e Touch ID, si è già portata avanti da tempo.
Fonte: WIRED